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Pensioni:  A chi vanno i soldi che verso? Perché il modello attuale non è ancora sostenibile. Venerdì 24 Giugno 2016

Pensioni: A chi vanno i soldi che verso? Perché il modello attuale non è ancora sostenibile.

Forse non tutti sanno che il sistema pensionistico italiano è STORICAMENTE  incentrato su un meccanismo di FINANZIAMENTO A RIPARTIZIONE.
Significa che il gettito contributivo riscosso in un periodo viene utilizzato per PAGARE LE PRESTAZIONI EROGATE IN QUELLO STESSO PERIODO.
Questo tipo di sistema tuttavia va incontro ad una serie di problemi STRUTTURALI come il così detto PROBLEMA DEMOGRAFICO che non è altro che l’impatto che hanno la crescita della durata media della vita da un lato e dall’altro l’invecchiamento progressivi della popolazione sul sistema pensionistico italiano.
Si viene così a creare una CRITICITÀ NEL RAPPORTO LAVORATORI ATTIVI/PENSIONATI e la conseguente necessità di accrescere la SOSTENIBILITÀ FINANZIARIA DEL SISTEMA.

Criticità che stiamo vivendo in questi anni e che sta crescendo col tempo tanto da poter dire che questo modello è in CRISI.
Visto anche l’aggravante che L’EQUILIBRIO VIENE RICERCATO NEL SINGOLO ESERCIZIO.  In altre parole i contributi versati da ciascuno non sono accantonati in una posizione individuale, ma PAGANO LE POSIZIONI DI CHI È IN QUIESCENZA. È il così detto SCAMBIO FRA GENERAZIONI.
Le nuove generazioni in questo sistema, visto anche lo scenario macroeconomico di crisi, versano contributi intermittenti (o mancanti del tutto vista la situazione contrattuale attuale) o alla meglio insufficienti, per una popolazione in quiescenza che cresce sempre di più.
Il sistema privato invece si basa su un metodo a CAPITALIZZAZIONE, verso il quale, presto o tardi anche il sistema pensionistico italiano, per mantenere la sua sostenibilità, dovrà virare.

In altre parole attraverso una RENDITA o un PIP o FONDI PENSIONE permette al lavoratore di costituire una RISERVA PERSONALE che col sistema pensionistico privato non ha. NESSUN LAVORATORE HA UNA RISERVA PERSONALE ACCUMULATA grazie ai contributi che versa, i quali sono subito utilizzati per pagare le pensioni  attuali.

La riforma Monti-Fornero che ha decretato il passaggio dal SISTEMA RETRIBUTIVO A QUELLO CONTRIBUTIVO NON RISOLVE COMPLETAMENTE IL PROBLEMA DELLA STABILITÀ DEL SISTEMA perché il modello di finanziamento non è ancora quello della CAPITALIZZAZIONE.
Inoltre si avranno pensioni sempre più basse e un progressivo innalzamento dell’età pensionabile (e la sostituzione delle pensioni di anzianità con la pensione anticipata).

IL TASSO DI SOSTITUZIONE sarà sempre più sfavorevole al lavoratore il quale non potrà più permettersi, a meno che non integri la sua pensione con qualche forma di risparmio privato, il tenore di vita dato dall’ultimo stipendio percepito.
A REGIME la riforma Monti-Fornero porterà, nel 2018, UN RISPARMIO DI 20 MILIARDI L’ANNO, e otterrà ciò variando, in modo peggiorativo, le prestazioni erogate ai futuri pensionati.
Peggiorativo sia dal lato quantitativo (i soldi percepiti) sia dal lato dell’età con la quale si andrà in pensione.
Il sistema infatti è AUTOREGOLANTE, cioè possiede in se dei meccanismi volti a garantirne la stabilità visti i maggiori costi dovuti alle storture del METODO A CAPITALIZZAZIONE.

Costi che graveranno sulle generazioni future che, come abbiamo visto, 1 andranno in pensione sempre più tardi, 2 con sempre meno soldi.
PRIMA SI ACCENDE UNA FORMA DI RISPARMIO PRIVATA, MAGGIORE SARÀ IL RISPARMIO FISCALE, che gode, per legge, di una tassazione molto molto leggera e che diminuisce in proporzione alla durata del periodo in cui si versano soldi. BASTANO ANCHE POCHI SOLDI, L’IMPORTANTE è APRIRE SUBITO PER I PROPRI FIGLI UNA POSIZIONE che poi saranno loro a continuare in futuro.

Ricordate la storia della cicala e della formica?
Qui vige lo stesso principio.

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